Promosso dal Senatore Giorgio Tonini si è svolto il 6 ottobre un Convegno su: “Servizi alle persone e creazione di nuova occupazione. L’esperienza francese del vaucher CESU in Francia e le possibili riforme per l’Italia”.
L’iniziativa, promossa dai Senatori PD e da EYU (il Presidente Adrio De Carolis ha presieduto i lavori) si è svolta con una relazione di Andrea Ciarini (Università La Sapienza di Roma), un intervento di Maurizio Ferrera (Università degli studi di Milano) e le conclusioni di Filippo Taddei della Segreteria nazionale PD, Responsabile Economia e Lavoro.
E’ intervenuto Aldo Amoretti, Presidente di Professione in Famiglie che ha detto quanto segue:
Ci dedichiamo a famiglie che combattono con il problema non autosufficienza.
Non sto a commentare di che guaio si tratti, né l’inadeguatezza dell’intervento pubblico nel quale permane separatezza tra sanità e socio-assistenziale con archiviazione della Legge 328 del 2000.
Va riconosciuto che il problema non è all’ordine del giorno della vita del paese. Non è affrontato dal Governo, non dai partiti, né dalle organizzazioni sindacali o di rappresentanza sociale. Questa di oggi è novità positiva.
Di fatto ha preso piede la soluzione badante, spesso immigrata, in troppi casi con rapporti irregolari o totalmente in nero.
L’una cosa è causa ed effetto dell’altra. E non è vero che sussista una volontà di combattere il lavoro nero. In realtà prevale di fatto un’opinione secondo la quale se le famiglie si arrangiano con la badante in nero va bene così. Il nero non è considerato malattia, ma medicina.
A fine agosto Renzi ha parlato di un “piano famiglia”; Alfano è stato più completo: “ spingeremo al massimo per un –familiy act– con detrazioni e deduzioni per sostegno alla natalità, all’accudimento dei figli, all’assistenza per parenti anziani e malati” . Vedremo le proposte nella Legge di stabilità.
La soluzione francese è apprezzabile. Tra di noi si apprezza anche quella tedesca con una sorta di assicurazione obbligatoria. Se non si comincia a pagare da giovani i costi a fine carriera, per i soggetti, si fanno insostenibili.
Abbiamo un pò di idee alcune praticabili anche in tempi brevi che possono dare luogo ad un sostegno apprezzabile alle famiglie:
– Un Contratto di lavoro che sia di semplice applicazione e non generatore di litigiosità e vertenze alla fine del rapporto. E un sistema di bilateralità schiodato dalle attuali condizioni di quasi inutilità.
– Deduzione dal reddito di tutta la spesa per badante con le necessarie rettifiche affinché non ci guadagnino i redditi alti. Ovvio che i ragionieri strillano che non ci sono i soldi. Nostra opinione è che l’offerta di un vantaggio fiscale apprezzabile potrebbe indurre 350-400mila famiglie a regolarizzare rapporti sommersi.
Non si fidano?
Piano B: fare l’esperimento in quattro città. Ci diranno che non si può perché il fisco deve essere uguale in tutto il paese. Non è vero; con la social card si è fatto l’esperimento.
Ma abbiamo anche un piano C: si organizzi un sondaggio sulla disponibilità delle famiglie a regolarizzare a fronte della
convenienza offerta.
– Servizio civile obbligatorio. Potrebbero essere sei mesi dei quali due di formazione e quattro di lavoro in aiuto (4-5 ore al giorno) di famiglie con soggetti non autosufficienti. Per le famiglie sarebbe un grande sollievo e per i giovani interessati una grande esperienza educativa. Anche in questo caso c’è il problema di chi paga. In parte con una tassazione a carico di quelli che non lo vogliono fare.
– Valorizzazione del patrimonio abitativo degli anziani. Avrete notato l’aumento del fenomeno della vendita della nuda proprietà. E’ una soluzione che ti può procurare un pacco di soldi, ma se sei al quarto piano senza ascensore resti prigioniero in casa. Anche il prestito vitalizio
ipotecario può essere una soluzione, ma ha lo stesso inconveniente di prima più altri. Occorre attrezzare una gamma di offerte compreso il conferimento del patrimonio a un soggetto che ti assicuri adeguata assistenza per tutto il tempo necessario. Il risparmiato per farti un patrimonio immobiliare sarebbe assimilato a quello per una polizza LTC (Long Term Care) ed implica anche liberare le persone anziane dal “dovere” di lasciare i mattoni in eredità.
– Occupiamoci anche di oltre un milione di persone (soprattutto donne), familiari de persone non autosufficienti che se ne prendono cura direttamente. Ci siamo messi a chiamarle caregiver. Ci sono almeno due misure che si potrebbero adottare: per quelle che hanno un lavoro riconoscere un diritto ad aspettativa non retribuita e senza alcun onere per l’azienda; per tutte la copertura figurativa ai fini pensionistici del periodo di cura.
– C’è un problema di formazione sia per badanti che per caregiver familiari. Adesso siamo lontani anni luce dalla bisogna. Si consideri che un’assistente formata può anche evitare le piaghe da decubito per gli allettati. Ci abbiamo ragionato anche con la FIMMG per elaborare un profilo professionale della badante competente di modo che sia uno in tutta Italia con piani formativi ragionevoli e praticabili invece che l’attuale jungla fai da te di ogni Regione. Una formazione del genere avrebbe l’effetto di poter assicurare rioccupazione dei soggetti a fine “missione” anche con
prospettive di evoluzione professionale. Pare si sia deciso di non destinare più risorse europee a questo filone perché si sarebbero scoperti alcuni magheggi inaccettabili. Osservo che se si chiudesse la formazione dove ci siano magheggi resterebbe ben poco.
Sono persuaso che i Fondi sanitari possano avere un ruolo; taluni esempi ne sono dimostrazione. Le esperienze esistenti vanno analizzate anche per non prendere abbagli. Le risorse destinate non possono essere marginali. Per ora la grande parte dei Fondi proteggono chi è titolare di un rapporto di lavoro; ne sono fuori familiari e pensionati. Il 20% è andato tutto per i denti. Si potrebbe adottare una modifica: il 20 diventa 30% con almeno un 10% a favore di ognuno dei due filoni.
Va considerato che si va diffondendo una tipologia di welfare aziendale che aggiunge anche prestazioni sanitarie ulteriori rispetto a quelle fornite dai Fondi contrattuali e inoltre che si va aprendo in diverse situazioni una
discussione intorno all’idea di welfare territoriale (o di comunità) come tema per la contrattazione da svolgere a questo livello. Nel “ Patto per il lavoro” firmato il 4 agosto in Emilia-Romagna dalla Regione con tutte le parti sociali e non solo c’è una chiara indicazione in questo senso.
C’è quindi un problema di mettere ordine al traffico. Mi sembra improbabile che un’azienda possa partecipare a tre forme sanità integrativa.